Casa Montagna - Baita in Montagna 
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Bormio, 19/4/2024


 

“ Case montagna - La Baita in montagna „



Le vallate nei dintorni di Bormio sono disseminate di numerose case obaite che divenivano durante il periodo estivo l’abitazione vera e propria di tutti coloro che passavano l’intera stagione nei pascoli d’alta quota con il bestiame.

I maggenghi (così chiamati perché iniziavano a popolarsi normalmente verso il mese di maggio) sorgono per la maggior parte nei punti più solivi delle vallate e circondati da ampi pascoli in cui un tempo avveniva anche la coltura della segale. La costruzione della baita avveniva solitamente nel punto più a monte del pascolo in quanto era preferibile effettuare il trasporto del fieno in salita (veniva normalmente caricato su delle grosse tele trainate dai cavalli) pur di poter effettuare il più pesante lavoro di concimazione verso valle.

La maggior diffusione degli insediamenti rurali in queste valli, seppur presenti già da epoche antiche, si ha verso la fine del seicento e l’inizio del settecento: è a cavallo di questo periodo che sorgono numerose baite lungo le vallate.

L’architettura tipica di queste case tipicamente montane prevedeva che la linea di colmo del tetto fosse disposta in direzione nord-sud in modo che fosse esposta a nord la minor superficie possibile della baita in modo di favorire maggiormente l’esposizione al sole.

Per la loro costruzione si utilizzavano grosse pietre legate con malta di calce o a secco che formavano un solido basamento su cui poi si edificava la parte superiore realizzata interamente in legno. Entro il basamento, normalmente, trovavano posto la cantina e la stalla, allora presente ed indispensabile in tutte le baite in montagna. Il fienile (chiamato “taulà”), anch’esso interamente in legno per favorire la ventilazione, era solitamente collocato nelle immediate vicinanze della baita. Spesso vicino ad esso vi era anche il forno che veniva utilizzato per la preparazione del pane di segale durante il periodo dei lunghi soggiorni estivi.

Le pareti erano formate da grossi tronchi di abete o larice incastrati lungo gli angoli con la tipica tecnica del blockbau.

Anche il tetto era interamente ricoperto da piccole tegole in legno che nel dialetto locale sono chiamate “scandole”.

Stalla, fienile ed abitazione erano collegate da piccole porte o botole in modo che fossero facilmente raggiungibili.

Al piano superiore, ove arredamento era ridotto al minimo, vi era la cucina con il focolaio (in dialetto “cendrè”) e un unico grande locale (la “stua”) in cui vi erano anche i letti.

Il piano superiore, sotto il tetto, era solitamente adibito a solaio (“spazacà").

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